Mediatore e operatore di pace nelle dispute tra i comuni in lotta tra loro, Sant’Andrea Corsini, religioso Carmelitano e Vescovo di Fiesole, venne anche incarcerato per questo suo zelo.
È il fondatore del monachesimo cenobitico e il primo ad aver scritto una regola per la vita comunitaria. È San Pacomio, nato verso l’anno 292, nella Tebaide, regione dell’Alto-Egitto, da genitori pagani. All’età di vent'anni, fu arruolato contro la sua volontà negli eserciti imperiali di Costantino per combattere le incursioni persiane. Rinchiuso a Tebe in una caserma con altri militi e lasciato senza cibo, venne sfamato dai cristiani del luogo. Rimasto colpito dalla loro carità, Pacomio pregò il Dio dei cristiani promettendo che, se lo avesse liberato dalle catene, avrebbe dedicato la sua vita al servizio dei fratelli. Infatti, appena fu libero, si convertì e ricevette il battesimo.
Il popolo la chiamava “Ceccolella”. Era conosciuta per la sua carità, per non vergognarsi a tendere la mano nel chiedere l’elemosina a favore dei poveri. Lei che era nobile di nascita e di rango. Si chiamava Francesca Bussa in Ponziani.
Nacque a Roma, nel 1384, figlia di Paolo Bussa di Leoni e di Giacobella di Roffredeschi. Fin dall’infanzia, amava leggere le biografie dei Santi ed era attratta dalle cose dello spirito. Ebbe come direttore spirituale dom Antonio di Monte Savello, un benedettino olivetano, che officiava la chiesa di Santa Maria Nuova al foro. Desiderava consacrarsi a Dio, ma a 12 anni, il padre aveva già concordato il matrimonio con Lorenzo Ponziani che apparteneva a un’agiatissima famiglia.
L’Arcibasilica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista, comunemente detta San Giovanni in Laterano, è la Cattedrale di Roma. Mater et Caput di tutte le Chiese dell’Urbe e dell’Orbe è un punto di riferimento per la Chiesa Universale. Il 9 novembre si festeggia la sua dedicazione, avvenuta nel 324 per opera di Papa Silvestro. Esattamente, 1700 anni fa.
Gesù, “resta con noi e noi cominceremo a brillare come Tu brilli, a brillare in modo da essere una luce per gli altri” (Meditations on Christian Doctrine, VII,3). Questa celebre frase del Cardinale John Henry Newman racchiude in sintesi il suo pensiero e la sua eredità. Un personaggio scomodo al suo tempo, che suscitò reazioni di vario genere, anche tra i cattolici. Si deve a lui l’apertura ai laici e la loro partecipazione all’evangelizzazione in un’Inghilterra del XIX secolo ancorata alle tradizioni e contraria alle innovazioni. Ma Newman non fu certamente un uomo che si tirò indietro e promosse un laicato intelligente e ben istruito: “Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere” (The Present Position of Catholics in England, IX, 390). Coinvolse così i laici nell’insegnamento e nella catechesi, trovando opposizione anche tra il clero.
Notte di Natale 1252 ad Assisi: Santa Chiara era costretta sul suo giaciglio nel dormitorio del monastero di San Damiano a causa dell’infermità. Le sue consorelle la lasciarono sola per la recita del mattutino, ma lei avrebbe voluto unirsi a loro almeno quella notte. Allora, chiese al Signore di esaudire il suo desiderio, tanta era la sua devozione al mistero della nascita del Salvatore. Quello che accadde dopo spinse, a più di sette secoli di distanza, Pio XII, il 14 febbraio 1958, a proclamare Chiara patrona universale della televisione e delle telecomunicazioni. L’episodio riveste ancora attualità, in quanto, nel giorno in cui si celebra la nascita al Cielo della Santa, l’11 agosto, anche il Governatorato la ricorda per il suo patrocinio sulla Direzione delle Telecomunicazioni e dei Sistemi Informatici.
È uno dei primi quattro Dottori della Chiesa d’occidente, promosse l’evangelizzazione dell’Inghilterra e dettò le norme fondamentali del canto che da lui prese il nome. È Gregorio, a cui venne attribuito l’appellativo di Magno. Nato in una patrizia e ricca famiglia romana nel 540 circa, ebbe una buona formazione culturale. I suoi studi spaziavano dal diritto, alla Bibbia, alle opere dei Padri, in particolare di Sant’Agostino.
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